CAPITOLO XVII. 513 propria. — Eppure in pochi giorni vennero sconfini. Ed è, appunto, dalla rapidità di questa vittoria che, al dire del Daru, rimase fra gli Italiani il mollo della furia francese. Così, o per il proprio valore, o per tradimento d'altrui, iL re di Francia fu in breve padrone di Valenza, Voghera, Castelnuovo, Tortona, Alessandria, Pavia, ed altre non piccole città. Ed in pari tempo, le venete milizie, assalita la frontiera orientale del ducato, avevan conquistalo tutto il paese posto fra l’Ollio e l’Adda : Soncino , Caravaggio, Castiglione. Oramai non restava più che Cremona e Milano. Come il duca Lodovico vide non rimanere altro scampo, dopo avere, con nauseosa ostentazione, arringalo il popolo per assicurarlo ch’egli sarebbe morto per la difesa del paese, all’ indimani fuggì, dandosi il disturbo di portar seco il tesoro, ridotto oramai a soli 200,000 ducati, da 15,000,000 che erano poco prima, per asserzione degli storici. 11 Burcardi (!) mette in bocca a questo principe le seguenti profetiche parole, rivolte ai veneti ambasciatori : « Voi m’ avete condotto il re di Francia a pranzo, ed io v’assicuro ch’ei verrà a casa vostra per la cena ». Partito il Moro, i Milanesi mandarono alcuni deputati a farattodi sommessioneal re,pregandolo soltantoa voler risparmiar loro il disastro del saccheggio. — Per quanta avversione avesse Cremona contro il veneto governo, fu dal re di Francia costretta a sotlomettervisi, in forza dei trattati previamente conclusi fra i due potentati, disponendo, così, di un intero paese, senza il menomo consentimento del popolo, proprio come se si trattasse (1) Vedi Diarium. ST. BEL t’ONS. DEI DIECI —Voi. i. 65