CAPITOLO XII. 381 dodici milioni. Quindi, comandò che gli fossero consegnati tutti i fondi dei potentati nemici che si trovassero in Venezia, e di preferenza quelli che spettavano personalmente al re d’Inghilterra. Da ultimo volle che si dessero alla Francia tutte le navi, sì grosse che sottili, ed altre proprietà di nemici che stanziassero nei porli della veneta república. L’esercito francese, capitanalo dal giovine Bonaparle, continuava, intanto, a riportare prodigiose vittorie. Per il che, i rappresentanti veneti in Brescia ed in Bergamo si affrettarono di informare il loro governo di quanto accadeva in quei luoghi, e del pericolo che si faceva ogni giorno più grave. Ma le istanze loro, pur troppo, restavano infruttuose, perchè il tempo mancava a qualsiasi provedimenlo, e perchè, incredibile a dirsi, prevalevano tuttora i partitanti della neutralità disarmala. Onde, aveva ben ragione il generale francese di rispondere bruscamente a coloro che gli si facevano inanzi per raccomandargli di non offendere la libertà; che uscissero da quella vita imbelle; ripigliassero le armi e le usassero; poiché dura cosa è la libertà, duri cuori e dure mani ci vogliono per conservarla, fuggendo essa la mollezza ed il lusso, e solo abitando fra le popolazioni forti e magnanime. In tale-frangente, sentì il senato la necessità che le cose di terra ferma fossero governale con unità di comando, ed elessero, per ciò, a proveditore generale Nicolò Foscarini, stato già ambasciatore a Vienna ed a Costantinopoli; buon patriotta, sicuramente, ma uomo di poco animo, ed inetto a tanto officio. Ma il senato aveva posto gli occhi su di lui, perchè, ostinalo ancora