314 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI potenza il proveciere al proprio decoro col mostrarsi affatto estraneo a quel tentativo de’suoi subalterni, e, quindi, castigandoli come ben meritavano. Tutt’al contrario, il diplomatico mosse altissime querele per quel fatto, come lesivo al diritto delle genti, e pretese non solo che fossero restituiti gli oggetti confiscali, ma che i doganieri venissero castigali come se avessero commesso un delitto. In altri tempi il consiglio dei Dieci non avrebbe fatto alcun caso di si procaci rimostranze, ed avrebbe trovalo modo di fare intendere la ragione anche al signor ambasciatore ; ma questa volta, pur troppo, trovò necessario di piegare il capo come si fa dinanzi alla forza supcriore, e si degradò sino al punto di condannare Undici di quegli infelici alla galera, dopo di averli falli trascinare incatenati per Venezia con un cartello indicante il delitto per cui erano sì stolidamente puniti. Credevasi indispensabile il date una sod» disfazione siffatta alle brutali esigenze del rappresentante di una forte nazione; ma, per somma sventura, eransi dimenticali quei signori decemviri che uno Stato non può lasciar conculcare in tal modo la giustizia ed il publico decoro impunemente. Ben altrimenti gloriosi erano i destini della república, quando al medesimo consiglio dei Dicci bastava l'animo di far postare due pezzi di cannone dinanzi alla porla di un ambasciatore che avesse vantalo il diritto di asilo, per rifiutarsi di consegnare un colpevole. Ha ben ragione l’isto-rico francese di osservare come assai più dannoso riesca ad uno Stato il sopportare in pace simili oltraggi, che non Tesser vinto in una battaglia. Le umiliazioni morali, anco alle nazioni generose, come agli uomini