CAPITOLO XVII. * 555 nazioni d’Italia, le quali ancora in molli luoghi sono accese, especialmente nel ducato di Milano, non avrà mai un imperatore romano sì piccolo nido in Italia, che non sia con grave pericolo degli altri; e costui, massimamente, per lo stalo che ha conliguo a Italia, per esser riputato principe di grande animo e di grande scienza ed esperienza nelle cose della guerra, e perchè può avere seco i figliuoli di Lodovico Sforza, instrumento potente a sollevare gli animi di molli; senza che in ogni guerra che avesse col re di Francia, può sperare di avere l’aderenza del re cattolico, se non per altro, perchè tutte e due hanno la medesima successione. Sa pure, il re di Francia, quanto sia potente la Germania, e quanto sarà più facile ad unirsi tulla, o parte, quando sarà già aperto l’adito in Italia, e la speranza della preda sarà presente. E non abbiamo noi veduto quanto egli ha temuto sempre dei moti dei Tedeschi, e di questo re, così povero e disordinalo, com’è, il quale, se fosse in Italia, sarebbe certo non poler aver altro seco che, o guerra pericolosa, o pace infedelissima, e di grandissima spesa? Può essere che abbia desiderio di ricuperare Cremona, e forse le altre terre; ma non è già verosimile che, per cupidità di acquisto minore, si sottoponga a pericolo di danno molto maggiore ; ed è più credibile che abbia a procedere, in questo caso, con prudenza che con temerità, massimamente che, seno? discorriamo gli errori, i quali si dice aver commesso questo re,, conosceremo che non hanno avuto origine da altro, che da troppo desiderio di fare le imprese, sicuramente; perchè, che altro l’indusse al dividere il regno di Napoli ? Che altro a consentire Cremona a noi, se non il voler fare più facile la vittoria di quelle guerre? —