228 STOMA DEL CONSIGLIO DEI DIECI dello d’inlerprelare, restringere, modificare od annullare in alcun modo le leggi del gran Consiglio. Giunto il gran giorno della deliberazione, tutta la città era agitata da un’ansia insolita. S’affaccendavano i nobili per ottenere che fosse proprio abolito quel tribunale che dava loro tanta molestia, provocandoli in giudizio per ogni più lieve trascorso, e condannandoli con lanla severità di castighi da apparire che contro di loro di preferenza fosse rivolta la decemvirale inquisizione. Ma in quella seduta non si potè venirne a capo di nulla. All’indomani salse la tribuna Francesco Contarini, parente dello Zeno, il quale mostrò con così calda ed eloquente parola tulli i torli ed i pericoli del consiglio dei Dieci, che l'assemblea, dopo avere ad una gran maggioranza revocala la sentenza d’esiglio contro Renier Zeno, ali’unanimilà, anzi per acclamazione, dichiarò di aderire all’opinione del Coniarmi, onde il consiglio dei Dieci doveva essere per sempre abolito. Quand’ecco farsi innanzi il senatore Battista Nani, uomo venerando per la sua canizie e la rara dottrina. Tutta l’assemblea si compose in atto di riverente attenzione, ed egli proferì il seguente discorso, che noi togliamo dalla applaudita Istoria di Venezia, di cui è egli stesso l'autore: (anno 1628 ) « Non mi è nuovo, eh’è più plausibile e grato chi all’altrui gusto piuttosto, che al pubblico bene favella. Ma non m’abbandonerà mai la libertà ne’ consigli, la verità ne’sensi, il coraggio nelle difficoltà. Non mi sol-