CAPITOLO Vili. 187 adoperarsi per la costruzione di un lazzaretto che valesse a difenderli in qualche modo contro gli assalti ornai tanto frequenti del truce morbo, che di correre all’armi. Solo ci volle a ridestar loro nell’animo i pensieri di guerra, che Giovanni Paleologo, imperatore greco, bisognoso di averne il sussidio contro l’invasione del sultano Amurat, già fattosi padrone di buona parte della Macedonia, offrisse loro Salonicchi, città ben munita, mirabile per struttura di quaranta fortissime torri (1), con olire quaranta-mila abitanti, posta sur uno dei più bei golfi dell’Arci-pelago, e quindi importantissima per il commercio. La republica non si fece pregar due volle ad accettare il dono, e mandò tosto milizie colà a prenderne il possesso, dandosi poi anche ingenuamente ad intendere di non fare con ciò atto di ostilità al sultano. Peccato che in modo ben diverso l'abbia intesa costui, il quale cominciò col far mettere in prigione l’ambasciàtor veneto che a lui presentossi per narrargli l’avvenuto; quindi pose l’assedio a Salonicchi, e, dopo cinque anni di lotte crudeli, riesci a prenderla, e ne fece orribile sacco. La republica spese così infruttuosamente i 700 mila ducali che le costò la difesa (2). Qui entra in scena un uomo, col quale è nostro debito l’intrattenerci un po’ a lungo. E Francesco Bussone, figlio d’un contadino di Carmagnola, non dispregevole terra del Piemonte (5), d’onde prese il nome di guerra che gli è rimasto nell’istoria, e guardiano di vacche egli stesso, come lo qualifica il Balbo. (1) FnA.NCESC0 Vebdizzottì, nel libro vili de’suoi Fatti Fiincti. (2) Sanato. (3) Così dice il Ricolti nella lodata sua Sturili dei Capitani di Ventura.!