160 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI noi imperdonabile delitto era quello d’aver chiamalo in Italia un duca d’Auslria. Ma a fargli carico di ciò non toccava alla republica rea di avere altre volle ceduto al duca d’Austria la citta di Treviso. I Carrara avevan però degli antichi conti da saldare con Venezia (1), nè questa era citta da perdonare i debiti così facilmente} sicché quando Francesco Carrara si buttò supplichevole ai piedi del Doge, pregando colle parole del salmo: Peccavi, Domine, miserere mei: il Doge rispose inesorabile: Voi averete quella mercede che averete meritata. Si nominò dapprima un’ apposita commissione per il processo dei tre prigionieri (2). Era dessa composta di Luigi Morosini, Luigi Loredano, Roberto Quirini, Giovanni Bembo, e duolci di veder immischiato in tale faccenda anche un Carlo Zeno. Eran tra essi divisi i pareri fra 1’ esilio a Candia, la perpetua prigionia, ed una pronta morte. Pensò il Consiglio dei Dieci a troncare ogni questione coll’avocare a se medesimo il processo, e davvero lo condusse a buon termine onorevolmente. Un bel giorno entrò il boia nella prigione, e l’un dopo l’altro strangolò il padre e i due figliuoli, non solo senza aver fatto precedere un pubblico e regolare processo, ma con tanto arbitrio e mistero, che ebbe persino la cura di mandar intorno la voce esser morti i miseri d’improvvisa malattia. « A’17 di gennaio, a ora di vespro, s’inlese per la terra che il signor Francesco da Carrara, di Padova, era stato in prigione strangolalo per deliberazione del (1) Vedi più indietro le ultime pagine del capitolo iv. (“) Erano j '1 padre coi due figliuoli Francesco m e Iacopo.