CAPITOLO VII. 215 vanno errando da un albergo all’altro, oggi a Venezia, domani a Roma, un allro giorno a Milano, mi sembra che si debbano tenere per persone, colle quali le convenienze non permettono di tenere rapporto. Ignoro se altri ministri gli abbiano ascoltati, ma io non ho nè scritto, nè letto una linea sui progetti odiosi di cui si parla, e che un ministro non poteva ascoltare. Nel corso di tanti anni che ho passato in questa città, mille volte delle persone sono venute a darmi avviso della debolezza di tale e tale altra piazza , de’ mezzi d’impadronirsene, ed altre cose simili (1); io non ho mai dato peso a simili avvisi. Al contrario, l’indole di Sua Maestà e la mia, essendo lontanissime da simili pensieri, ho rigettali tulli questi avvisi e gli ho disprezzati, come cose che non meritavano di averne memoria un quarto d’ora dopo. « Mi è sialo riportalo che sulla publica piazza alcuni di questi oltramontani, discorrendo tra essi, dicevano, che si poteva fare questa o queU’allra cosa: può darsi che questi abbiano formato qualche disegno per trarne partito, e se ne abbia parlato nelle botteghe, negli alberghi; ma che abbia io mai ascoltato tali orrori, che vi abbia pensato, ella è una indegnità; la mia coscienza è pura, lo giuro in fede di cristiano e di cavaliere. « E qualche giorno che un uomo di buon aspetto venne a dirmi, che aveva ordine di tramare qualche cosa a Costantinopoli, ma che se ne faceva scrupolo. Era questa la prima volta che mi parlava, ed io noi cono- (1) Il Tiepolo qui no invita a riflettere su queste spontanee confessioni.