CAPITOLO Vili. 195 Tali entusiastiche parole fecero sull’animo di tutti una «rande impressione. Si venne quindi ai vóti, e con una insolita maggioranza, si accettò la lega coi Fiorentini (anno 1425). Alla quale, lostochè fu conchiusa, presero parte il re d’Aragona, il duca di Savoia, i signori di Ferrara e di Mantova, la città di Siena, e parecchie famiglie genovesi, intolleranti dell’odioso governo del Visconti (1). L’11 febbraio 1426, Francesco Carmagnola ebbe il comando delle genti da terra della republica, ed ai 15 ricevette il bastone e lo stendardo di capitano suH’allare di S. Marco, dalle mani stesse del Doge (2). In campo per altro non entrò che verso la metà del prossimo marzo, essendo stato necessario al Carmagnola di quest’indugio, onde aver tempo di reclutare le milizie mercenarie, delle cui armi doveva servirsi per muovere contro la Lombardia. Triste mezzo di guerra, al quale l’Italia nostra deve gran parte delle sue sciagure, e di cui qui torna in acconcio il fare qualche parola. E, per dare maggior competenza alle nostre ragioni, ricorreremo al Macchiavelli, la cui autorità, in siffatta materia, si ritiene universalmente incontestata. Le armi mercenarie, egli dice, sono inutili e pericolose. Chi tiene lo Stato suo colla forza di esse, non istarà mai fermo, nè sicuro, perchè si trovaron sempre disunite, ambiziose, senza disciplina e vili. Poiché niun’altra cagione esse hanno, niun sentimento che le tenga in campo, (1) Il Quadri dice aver fatto parte della lega con Venezia; il Gonzaga signore di Mantova ; il Cotignola, di Faenza ; Benzone, di Crema; Amedeo, duca di Savoia, ed il marchese di Monferrato. (2) Sanuto, pag. 982. ST. DEL CONS. DEI DIECI —Voi. I. 25