CAPITOLO XIV. T60 incominciato con sì fausti auspicii per la donazione del Petrarca, considerevolmente s’accrebbe per il lascito del greco cardinale Bessarione, uno dei più insigni uomini di quel secolo. Nel Sanuto si può leggere la lettera da lui scritta alla república per accompagnare il dono e l’onorevole risposta del Doge (1). Il cardinale fu indotto a far questo dono generoso per l’amicizia clie fraternamente il legava al dottissimo patrizio Paolo Morosini ed agli altri più insigni valentuomini di quei tempi, Lodo-vico Foscarini, Bernardo Giustiniani, Francesco Diedo, Bernardo Bembo, Zaccaria Barbaro, Antonio Dandolo e simili. Ma forse tutti cotesti riguardi non sarebbero bastati per eccitarlo ad imitare il nobile esempio del Petrarca, se quel governo non avesse accordato la più ampia tutela alle arti ed alle scienze, ed i cittadini veneti non avessero mostralo un grande affetto per la letteratura. Ed in fatto, a quei tempi, solevano i patrizi passare dalle cure del governo in Venezia a professare le varie scienze nell’università di Padova, finché erano nuovamente richiamali in patria per assumervi nuove magistrature. Ed il Quadri asserisce che davansi publiche lezioni nell’islessa Venezia con tanto concorso di uditori, che, al dire del Foscarini, anche quelle di Ermolao Barbaro erano frequentatissime «sebbene avesse il costume (1) « È sta preso de tuor 900 volumi de libri greci e latini, donai alla Signoria dal cardinal Besarion, Tusculano Niceno, per i quali è sta fatto una libraria in palazzo nuovo : ma da può la è sta desfatta e dona i libri a i frati de San Zuane Polo, delPordene de i predicatori, i Così il Malipiero, nella pregevole sua cronaca. Ma l’editore dell’Archivio Storico del Viesseux, ha posto in una nota del volume vii che