488 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI sollo colore di ridurre Venezia a reggimento popolare, la tradì, la fe’sua, per venderla, poi, a casa d’Auslria; é, con infame trattalo, diede in podestà degli stranieri una gente libera e sovrana, a cui aveva publicamente giurato perpetua amicizia. Ma il tradimento non distrusse l’eterno diritto. Casa d’Austria non poteva far suo l’altrui; onde si può dire che la república di Venezia non cessò giammai. Fu, bensì, interrotto dall’interregno dell’iniquità austriaca l’esercizio di un diritto; ma il diritto rimase, perchè il dirilto dei popoli è sempiterno. Dunque, qual uso doveva fare Venezia della ricuperala indipendenza? — Era dovere di chi la reggeva in quei giorni di protestare altamente, con parole e con fatti, contro l’infamia dei trattali di Campoformio. Bisognava disfare quel che gl’iniqui trattali avevano fallo; cioè, bisognava proclamarla república. Venezia risurla, Venezia libera doveva protestare in faccia al mondo che non avevano diritto di farla serva gli stranieri ladroni, e che era veramente cosa sua la república, che le avevano estinta con armi inique e con perfidi trattali. 11 dì che in Venezia venne nuovamente promulgata la república, essa si rivestì dell’antica sua sovranità; e, se ciò non avesse fallo, avrebbe riconosciuto i trattati di Campo-formio, e si sarebbe indegnamente spogliata della eredità del suo assoluto dominio (1). Infatti, in Venezia, appena sgombra dallo straniero invasore, otto battaglioni di guardia civica, in quel supremo momento la più legittima rappresentante della nazione, si raccolsero in una specie di assemblea costi- li) Vedi V Italia del Popolo .ld lg!8, N" 58.