28 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI filo della congiura, sien valse a distogliere quegli audaci dal loro iniquo proposito! —Così il canonico Veri (1); ed il buon Sabellico disse: « Venuto il giorno nel quale si dovea porre la congiura ad effetto, è fama che l’aere, quasi volesse avvisare la città di tanto pericolo, tutto si turbò et con grandissima forza de’venti doppo molti tuoni et saette, cadde dal ciel pioggia et tempesta, con rumore et strepito non più sentito. I congiurati, non solo non si spaventarono, ma parendo loro che la qualità del lempo porgesse buonissima occasione al male, prese le armi, corsero alla piazza, empiendo ogni cosa di rumore ». Probabilmente però, quand’anche propizio fosse stalo il cielo, non sarebbero mancati altri intoppi, mentre il Doge era già informato di ogni cosa, e non aveva mancato di pensar tosto alle difese. Del resto, il temporale che gettò la confusione nelle milizie ribelli, avrebbe ben potuto mettere in ¡scompiglio anche quelle del Doge. Si noti intanto, come caso che troppo spesso si ripete in simili circostanze, i soccorsi sperati ed aspettati da Padova, non vennero; o se vennero poi, chi sa per quale malaugurata combinazione, non giunsero in tempo. Quando i congiurati, dopo aver posto il fuoco negli archivi di un tribunale, e messi a saccheggio i pubblici granai con diverse botteghe, s’avviarono allo stabilito convegno sulla piazza di San Marco, quivi trovarono ad aspettarli una schiera di soldati pronti a battaglia, sotto (1) Cum instaret dies sceleris, densatis tenebris, coelum ipsum facinus exhorruisse dicitur, procelloso tonitruum gemitu, et crebra fulgurum cor-ruscatione; at e a portenta eontumaccs nec terruere, nec postea ipsa faina patefactae conjurutionis. — Così, ne’suoi libri Rerum p'enetiarum, il canonico Veri, in lode del quale si sono fatti tanti ingegnosi epigrammi cd anagrammi.