CAPITOLO IX. edificatone de’ popoli, la regenza di stimatissime prelature. Si può dunque anzi temere che sia arte recondita per spogliar il nostro governo de’soggetti più pratichi nel maneggio delle cose pubbliche: se pure non vogliamo dire che si muova per ricavare da loro, mutati che siano di fortuna et de fini, le più nascoste notizie del senato. Se poi alcuno se formaliggi che il nuovo prelato habbi aggiutalo se slesso alla consecu-lione di questi gradi, anco questo non è mal minore, perchè non accostumando il Venetiano di passare per la via dispendiosa, come usano le altre nalioni, forza è credere che questo merito sij procuralo con allri mezzi poco conferenti al servicio della patria; essendo solita la corte di non dispensar queste sue dignità tanto stimale per legerezza. L'esperienlia ancora dà gran pruova a questi sospetti mentre queste repentine mutationi mai se sono vedute in persone segregate dal governo della patria, ma in quelli a punlo che ne fossero più applicati. Hebbe il suo principio quest’uso verso il 1550, quando fu assunto al cardinalato Bernardo Navaghiero attualmente all’hora savio del conseglio; ma non volse egli assumere il titolo nè la dignità senza una parie del senato che lo assicurasse d’aggradimento. Fu rinovato circa il 1595, quando Clemente Vili nominò al vescovato di Vincenza il procuratore Gioanni Delfino. E cosa notabile che col scandaglio dell’ interesse politico si facesse da sè stesso geloso quel pontefice della pubblica indignatione, onde comise al nuntio die con audienza apostata in collegio andasse giustificando la novità et in fine che ricercasse il pubblico ad haverla per grata, in riguardo della persona del pontefice, per altro sem-