CAPITOLO XVII. 557 sono troppo pericolose al nostro dominio: e abbiamo pur nome per lutto di maturare le nostre deliberazioni, e peccare piuttosto in tardità che in prestezza. Non nego che queste cose possono succedere diversamente dalla opinione degli uomini, e però, che quando si potesse facilmente assicurarsene, sarebbe cosa laudabile; ma, non si potendo, senza entrare in grandissimi pericoli e difficoltà, è da considerare che spesso sono così nocivi i timori vani, come sia nociva la troppa confidenza, perchè, se noi ci confederiamo col re dei Romani contro il re di Francia, bisogna che la guerra si cominci, e si sostenga coi danari nostri, con i quali avremo a supplire, eziandio, a tutte le prodigalità e disordini suoi, altrimenti, o si accorderà con gli inimici, o si ritirerà in Germania, lasciando a noi soli lutti i pesi e pericoli. Avrassi a fare la guerra contro un re di Francia potentissimo, duca di Milano, signore di Genova, abbondante di valorose genti d’armi, e copioso, quanto alcun altro principe, d'artiglierie, e al nome dei danari del quale, concorrono i fanti di qualunque nazione. Come, adunque, si può sperare che tale impresa abbia facilmente ad avere successo felice, potendosi anche, non vanamente, dubitare che tulli quegli d'Italia che, o pretendono che noi occupiamo il suo, o che temono la nostra grandezza, si uniranno contro a noi, e il Pontefice sopra gli altri, al quale, oltre gli sdegni che ha con noi, non piacerà mai la potenza dell’imperatore in Italia, per la NIMICIZIA NATURALE CHE È TRA LA CHIESA E L1MPERIO (1), (1) Chiediam venia al lettore se ci siam permessi di qui riferire per intero questo discorso, che in verità potrebbe sembrare troppo prolisso. L’abbiam. fatto per l’amore di. alcune verità, come sarebbe qucst’ul- ST. DEL CONS. DEI DlECl — Voi. I. 68