CAPITOLO V. 95 siasi soperchieria, c quindi anche alle ecclesiastiche pretensioni. La quale resistenza ci apparirà tanto più saggia ed eroica, se vorremo tener conto della condizione dei tempi. Noi l’abbiam dello altre volle, la república veneta fu uno degli stali più benemeriti della cristianità, ma in pari tempo fu quello che meno si lasciò imporre dalle strane esigenze della corte di Roma. Sotto il governo veneto, il clero fu sempre consideralo una parte assai subordinala dello slato, e non ha potuto godere, come altrove, a suo beneplacito, dal privilegio dell’esenzione delle decime, poiché Venezia colla scusa delle spese di guerra che le costavano le conquiste di Corfù e di Candia, considerale come baluardi della cristianità, hanno instancabilmente supplicato il pontefice a concedere che potesse levare contribuzioni anche sui beni ecclesiastici, ciò che, alla perfine, ottenne da Sislo V. Sino dal 1414 venne severamente interdetto al clero di menomamente immischiarsi in alcun affare governativo, e per quanto Venezia siasi mostrala sempre assai tollerante nelle questioni religiose, cercò di non dipartirsi mai dal più stretto dogma cattolico , per non dar ansa ai preti di uscire con qualche apparenza di diritto dalla loro posizione affatto subalterna. Ci iroviam bene in lempi di grandi turbolenze religiose, eppure nessuna nuova dottrina trovò fautori nella república. « lo non ho mai conosciuto alcun Veneziano, è dello in un cerio discorso sul governo veneto, seguace di Calvino, di Lulero od altri, ma bensì di Epicuro e del Cremonini, già lettore nella prima cattedra di filosofìa nello studio di Padova, il quale assicura che l’anima