CAPITOLO XII. 435 glio di preparare a Venezia l'estremo fato, il doge faceva eleggere Francesco Donalo e Leonardo Giustiniani perchè da lui si recassero, e tentassero di fargli intendere, personalmente, la ragione., Ma, pur troppo, arrivavano ogni dì sempre più tristi novelle che annunciavano alla república la prossima sua fine; poiché già Iratlavasi di darla preda all’Austria. Cospiravano all’infame intento la corte di Napoli, la Spagna ed anche il re di Sardegna, avido di allargarsi in Malia, e inetto a farlo con mezzi meno disonesti (1). Gli ambasciatori veneti presso le corti estere già s’erano accorti dei tristi maneggi, e ne scrivevano puntualmente al señalo, dicendo che un raggio solo di speranza si sarebbe pollilo conservare, purché si fosse mantenuto incorrotto ed'inloro l’antico governo, essendo, qualsiasi mulamenlo, sicura morte della república. Intanto, Bonaparle adoperavasi con ogni mezzo per far rivoltare Verona contro il veneto governo; e, per riescire in ciò, non badava che a farvi nascere qualche trambusto. E la cosa non era poi tanto difficile. Dal momento che erano state iutrodulte in quella città le truppe schiavone, bisognava pure aspettarsi da un giorno all'altro che scoppiasse qualche rissa fra i soldati delle' due nazioni, poiché v’era Ira loro la più aperta avversione; e gli animi erano tanto inaspriti, che la più piccola scintilla ben prevedevasi che avrebbe potuto produrre una (l) È opinione emessa anche ila Cablo Botta , il quale, ila buon piemontese che era, può ilare in ciò una testimonianza non sospetta. Ecco le sue parole : * Avvisava 1’ ambasciator Grimani.... avervi le mani mescolato anche il re ili Sardegna, in cui rimaneva l’antica cupidità di allargarsi in Italia ».