570 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI alcuna, non dico di vincere, ma ne di resistere; però, gittate in terra le armi, abbiamo riposta la speranza nella clemenza inenarrabile, o piuttosto divina pietà della Maestà Tua, la quale non diffidiamo dover trovare alle cose nostre perdute. Adunque, supplicando, in nome del principe, del senato e del popolo veneziano, con umile divozione ti preghiamo, oriamo, scongiuriamo, degnisi Tua Maestà riguardare con gli occhi della misericordia le cose nostre afflitte, e medicarle con salutifero rimedio. Abbracceremo tutte le condizioni della pace, che tu ci darai; tulle le giudicheremo giuste, oneste, conformi alla equità e alla ragione; ma, forse, noi siamo degni che da noi stessi ci fasciamo. Tornino, con nostro consenso, a le, vero e legittimo signore, tulle le cose che i nostri maggiori tolsero al Sacro Imperio, ed al duca d’Auslria: alle quali cose, perchè vengano più convenientemente, aggiungiamo tulio quello che possediamo in terraferma, alle ragioni delle quali, in qualunque modo siano acquistate, rinunciamo. Pagheremo, oltre a questo, ogni anno alla Maestà Tua, ed ai successori legittimi dell’imperio, in perpetuo, ducati cinquantamila; ubbidiremo volonlieri a’tuoi comandamenti, decreti, leggi, precelli. Difendici, li prego, dalla insolenza di coloro con i quali poco fa accompagnammo le armi nostre, i quali ora proviamo crudelissimi inimici, che non appetiscono, non desiderano cosa alcuna tanto, quanto la ruina del nome Veneziano; dalla quale clemenza conservati, chiameremo te padre, progenitore e fondalore della nostra città; scriveremo negli Annali, e continuamente ai figliuoli nostri i tuoi meriti grandi racconteremo; nè sarà piccola aggiunta alle tue laudi, che tu sia il primo, ai piedi del quale la república Veneta