400 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI Ora, stimandosi, forse, che siffatti opportunissimi pro-vedimcnti, di cui vantavasi allora la Lombardia, sopra ogni altra provincia d’Europa, fossero opera, non della sapienza dei cittadini, ma della bontà dei governanti, non ci reca stupore se, all’epoca delle invasioni francesi, il governo ed i popoli piemontesi invocarono l’aiuto degli Austriaci, fecero con essi causa comune, ed i vecchi generali dei Tedeschi vennero accolti a gara dalle più .cospicue famiglie di Torino, e festeggiati come liberatori! Onde non è poi tanto a stupirsi so anche in quest’anno, dopo la fatale giornata di Novara, mentre il popolo di Casale, di Vercelli e di Alessandria s’apprestava così gagliardamente ed alacremente alla difesa, i codini torinesi andavano fuori di porta d'Italia (1) per movere curiosi incontro ai Tedeschi.' E questo è un fatto ¡storico, sul quale sarebbe pur bene che facessero qualche meditazione quei signori che vorrebbero distinguere la questione dell’indipendenza da quella della libertà. Sono i retrogradi che seguitano a gridare, essere la libertà già soverchia, e che, prima di pensare ad altre riforme, vuoisi attendere solo alla vittoria. Per questa via, essi vorrebbero, forse, condurci nuovamente alla sconfitta, alla fuga, al tradimento. Noi, invece, siamo d’avviso che la guerra dell’indipendenza non si può imprendere che sotto gli auspicii della libertà. — Troppo dolorosamente (1) Turino, residenza dei principi di Casa-Savoia, è da ben poco tempo che si considera città italiana; c dal parlare del vulgo si scorge come nella di lui niente sussista tuttora l’idea che 1 Italia incominci al di là del Ticino. Ond’ è che i poveri contadini, i qtialr furono mandati l'anno scorso vestiti di soldati in Lombardia contro gli Austriaci, dicono sempre d'aver fatto la guerra in Italia. E questo non è pregiudizio solo del vulgo povero, ma eziandio del vulgo censito e del vulgo patrizio.