CAPITOLO X!IÌ. fu convocata l’assemblea nel giorno stabilito, Manin, con uno splendido discorso, brevemente e veracemente espose lo stato delle cose, affinchè i deputati potessero deliberare con piena cognizione di causa. Disse come il popolo stesso aveva proclamata la república, perchè cinquantanni di schiavitù non potevano avergli fatto dimenticare quattordici secoli d’indipendenza gloriosa; narrò come si fosse sempre nutrito vivissimo il desiderio di stringere vincoli ognor più fraterni colla Lombardia, e di avere con essa indivisi i destini politici; e, quindi, di fare che questi fossero decisi da un' unica assemblea costituente; desiderio che non potè essere compiuto per la diserzione del governo di Milano; e conchiuse, animando il popolo a una pertinace resistenza, con queste notevoli parole: « Ben difesa, Venezia è inespugnabile; e dobbiamo rimanere tranquilli, perchè sono petti dei nostri figli, sono petti dei nostri fratelli quelli che la difendono ». — Poscia soggiunse: — « lo oggi ho la stessa opinione che aveva nel 22 marzo, quando, dinanzi alla porta dell’arsenale ed in piazza San Marco, proclamai la república. Io la ho; e tutti allora l’avevano... È un fatto che tulli oggi non l’hanno; come è un fatto-che il nemico sta alle nostre porle, e attende e desidera una discordia in questo paese, inespugnabile finché siamo d’accordo, espugnabilissimo se qui entra la guerra civile. lo, astraendo da ogni discussione sulle opinioni mie e sulle opinioni altrui, dimando oggi un gran sacrificio; e lo dimando al partito mio, al generoso partito republicano. All’inimico sulle nostre porte che aspettasse la nostra discordia, diamo oggi una solenne mentita. Dimentichiamo oggi lutti i partiti; dimentichiamo di essere