CAPITOLO IL 49 lieve trascorso vi era considerato delitto, e delitto imperdonabile. Le sole norme, da cui si lasciava guidare in siffatte circostanze, erano il sospetto e la gelosia; sicché ad ogni ombra dava corpo, ed ogni corpo, finche non fosse cadavere, gli faceva paura. La conoscenza di alcune massime di questo Consiglio gioverà a meglio illuminarci su di esso. — Non solo non si deve mai lasciar inulto qualunque delitto di Stato, ma riesce indispensabile il punirne persino le apparenze, e quindi giova correre alla pena prima di esaminare la colpa. In materia di sì dilicata natura, ogni più lontana intenzione debb’ essere considerala come il delitto compiuto. L’umana prudenza non deve restar paga a ciò, che il misfatto non sia per anco avvenuto, ma fare in modo da renderne impossibile l’esecuzione. Lo Stalo ha diritto di liberarsi da ogni angustia, fosse anche a danno capitale di quelli che, senza colpa, gliela cagionano, poiché esso non deve aspettare che gli sia vernilo addosso il male di cui paventa. Il più grave fra tutti i delitti possibili si è quello di riescire sospetto al proprio principe e di incutergli timore. In lutti gli altri affari della vita, la saggezza consiste nel creder sempre meno male di quel che pare; ma, quando trattasi d’assicurare la tranquillità dello Stato, è prudenza, è necessità il credere le cose sempre più iristi di quel che ci sembrano. Poco importa il commettere ingiustizia o superchieria contro un privato, quando si ha lusinga che ne possa derivare un bene al publico, perché, alla fine, è cosa assolutamente impossibile il governare uno Slato senza mai far torto a persona. Quando s’ha incominciato a trattar male un uomo a cagione di falsi sospetti, non bisogna smettere, per carità, ma continuare nelle persecuzioni St. del Cons. dei Dieci — Voi. I. 7