550 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI Consiglio, lungi dal far torto agli Inquisitori, avrebbe loro anzi procaccialo tulio il favore, col mostrarne la legalissima inslituzione fattasi colle più ampie facoltà, fin da tre secoli addietro (1). Del resto, ci sia lecito di qui osservare, che, per quanto si studi il Tiepolo di far credere regolarissimo l’ostinato proposito del Franceschi nel non voler pubblicare anche i processi del Consiglio dei Dieci, ei non arriva a persuadere alcuno; poiché se i sensi di umanità e di giustizia altamente reclamano che i processi, di qualunque natura essi siano, debbano esser fatti al cospetto del publico, onde chi siede giudice, o per ignoranza o per tristizia non abusi del proprio potere, è chiaro che il Franceschi avrebbe dovuto accondiscendere al desiderio universale, quando nella sterminata congerie dei processi insliluili dal Consiglio dei Dieci, non avesse vislo che di quelli abusi se ne trovavan troppi, e di troppo enormi. Però, quando il Daru, per ¡spiegare come i suoi Statuti non siansi rinvenuti negli archivi officiali di Venezia, ricorse alla ragione dell’incendio, troppo facile riesce a’suoi oppositori il rispondergli; essere assurdo il supporre che le fiamme abbian potuto divorare proprio tulle le carte risguardanti gli Inquisitori di Slato, nel mentre hanno religiosamente lasciale incolume le altre; e poi il fuoco poteva ben distruggere gli scritti, ma non cancellarne affatto la memoria nelle tradizioni popolari. L’islessa conformità di giudizio v’ha fra i due critici da noi citati intorno alla questione di Candia e di Cipro; mentre anche il Tiepolo mostra l’erroneità del titolo di generale dato ai comandanti di quei luoghi, che dovevano (1) È sempre il Tiepolo che parla.