420 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI nei giovani, por la gagliardia degli animi e per le ¡storiche rimembranze, ferveva, più che altrove, lo spirilo republicano. Ma gli uomini più maturi, e quelli che sedevano al governo provvisorio, infiacchiti dai disastri e dai disinganni da cui fu colpita quella valorosa citta negli ultimi anni della dominazione austriaca, e soprafalli dallo sgomento di potere, quando che sia, rivedere il nemico, che avevano a poca distanza, temevano, ed a ragione, più che mai, il cozzare dei parliti. Gioberti, che¡ era quivi accorso a bearsi di prestabilite ovazioni, per riconfortarsi dalle urla e dai fischi con cui era stato accomiatalo da Milano, pensò di trarre profitto da quella condizione degli animi: con molla accortezza fece conto sul senli- quale i molto fu aggiunto e nulla tolto » da quella francese da noi già citata. Noi avevamo sospeso di scrivere queste pagine per accorrere alla rinnovata guerra dell’indipendenza (20 marzo 1849 ). Ma, pur troppo, fra pochi giorni abbiamo avuto agio di tornare al lavoro, poiché questa seconda prova delle armi piemontesi, che si è voluto di bel nuovo spinger sole contro le austriache, come se non si fosse trattato d’una guerra nazionale, alla quale avevan debito e diritto di prender parte tutti i soldati e tutti i popoli della Penisola, ebbe un esito ancora più miserando della prima. Noi non disperiamo, per questo, della salute della nostra patria; perchè sappiamo benissimo che la troppo facile vittoria di Ra-detzky può bene aver aggiornata, ma non sciolta la questione dell’indipendenza italiana. Vogliam dire, però, che se questo libro dell' illustre economista lombardo fosse stato letto e meditato da coloro che si sono superbamente arrogati l’incarico di farsi àuspici dei nostri destini, è certo che anche quest’ultimo così grave c preveduto disastro si sarebbe potuto evitare. Ma v’ha certa razza d’uomini, pei quali non tornano d’alcun ammaestramento i passati errori, per quanto siano riesciti fatali, e, mentre rinnegano con sdegnosa intolleranza il futuro, non mancano di rivendicarlo all’opera loro il dì dopo. Oh tristi! questi sì che sono, più del croati, la maledizione d’Italia!