508 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI che nella città delle lagune sono unione, accordo, pace, e che a mantenerli non è più bisogno di erigere patiboli, e di adoperare quella paterna correzione di polvere e di piombo, che si trovò costretto di usare il paterno regime per i pochi male intenzionali tra sudditi, che così prudentemente governa. Colà l’imposta e il prestito nazionale affluirono al tesoro spontanei, anticipati, non per sequestro od amministrazione forzosa dei beni. Il soldato si otferse volonteroso alla patria, debole, abbandonata ; non lo rapirono le baionette alla desolala famiglia. Il bastone e le verghe non sono colà i garanti della disciplina; nè le opere delle fortificazioni vennero eseguite sotto la minaccia della fucilazione ai renitenti. Neppure un milite si conta condannalo a morte per delitto militare, chè la voce paterna di chi comanda, quando non vale ad ispirare l’ardor della pugna, serve a strappar lacrime di pentimento. Chi ha comandato soltanto a soldati macchine, mo-ventisi per timor del bastone o della catena, e che pu gnano irritati e tratti fuor di senno da bevande spiritose, o violentati dal cannone che li incalza, non può formarsi un’idea del soldato, che combatte per una causa che è la sua propria, per una patria che gli diè natura, e non l’arbitrio umano, che combatte per l’onore che vuol salvo ad ogni costo. E questi sono i soldati di Venezia e delle altre parti d’Italia, or là raccolti, con cui ha da combattere l’Austriaco. Ma a quest’ora forse egli troppo li ha imparati a conoscere: forse a quest’ora, che gli costano sangue, ha appreso a rispettarli; forse, compreso che non da per tutto si presentano facili le vittorie, forse, e noi lo teniamo per fermo, sarà costretto un giorno a confessare che i Veneti sono degni della