CAPITOLO XVII. 485 Signoria onorevole ammenda, mentre l’anno seguente gli fu commesso d’andar a Pisa con 1,000 uomini d'armi e 52,000 ducali di provigione, per liberare quella città dall’assedio; e ciò a dispetto di tanti e fierissimi oppositori. La fama dell’indole impetuosa dei Francesi e dell'imperturbabile fermezza degli Svizzeri, desiarono nell’animo delle milizie avversarie tale sgomento, che per poco non riesci loro fatalissimo. Però si son fatte delle trattative per ottenere un libero passaggio. Queste pratiche, per altro, andavan troppo per le lunghe, e Tarmata francese irovavasi in un’estrema penuria. I contadini dei dintorni, allettati dal guadagno, ben portarono qualche vivere al campo; ma i Francesi con ribrezzo sei mettevano alla bocca, per paura che fosse avvelenalo; mentre invece, per la previdenza dei proveditori, l’armata veneziana Irovavasi nell’abbondanza. Era dunque inevitabile il far ricorso alle armi. Allora Carlo Vili arringò nobilmente i suoi soldati per incoraggiarli all’impresa, benché fossero in numero così sproporzionatamente minore; e fra l’al tre ragioni, addusse quella che l’esercito avversario era composto di uomini assoldati e mercenarii, i quali combatton piuttosto per l’interesse che per devozione al principe od amore alla patria: « Se i nostri nemici confidano nella loro moltitudine, noi stiam sicuri nella nostra forza e nel nostro valore. Se vinceremo, l’Italia sarà tutta per noi; se no, la Francia penserà bene a riceverci; ond’è che, ad ogni modo, noi abbiam nulla a temere. Non pensate per ora nè alle vostre spose, nè ai vostri figliuoli, in questo momento badate solo a combattere da valorosi; chè se preferiste di darvi ad una vergognosa fuga, e vi bastasse il cuore