CAPITOLO VI. 139 provocare il risentimento della plebe, risolse di esigere dallo Zeno un alto di sommessione, col partire tosto per l’assedio di Marano. Ardua era l’impresa ; ma il generale obbedì. E fu un vero prodigio se non perdette tutti i cinquanta vascelli coi quali era partito, ed insieme la preziosa sua vita. Venne però gravemente ferito. Questi disastri marittimi, che la república avrebbe potuto sicuramente evitare, se si fosse degnata di dare maggior ascolto ai consigli dei valentuomini, i quali per essa erano pur disposti a tutto sacrificare, non hanno certo giovato ai di lei interessi in terra ferma; sicché in breve si trovò costretta di cedere Treviso, che le era costato tanto danaro e tanto sangue. Ma anche qui abbiamo occasione di piangere amaramente le maladette conseguenze delle fraterne invidie. — Venezia, posta nell’ impossibililà di più oltre occupare Treviso, piuttosto che cederla a Francesco Carrara, od a qualch’altro principe italiano, la diede a Leopoldo, duca d’Austria, ed anche col patto che dovesse scender tosto con un esercito in Italia (1). — Perfida e disastrosa politica quella che, non lasciando per gelosia ingrandire i fratelli, preferisce di accrescere la potenza straniera ! — Ed anche se si potesse per un momento imporre silenzio ai sentimenti di nazionalità, non vediamo come, seguendo anche solo i calcoli del più egoistico tornaconto, Venezia dovesse aver più paura della grandezza del Carrara, che non di quella di un duca d’Austria (2). (1) Pieb Giustiniani, Storie veneziane. (2) « In questo modo perdettero i Veneziani Trevigi, l’anno 43 di poi che lo tolsero ai signori della Scala. Ma tanta fu la costanza dei senatori nel coprire il dolore et danno loro, che ancora mandarono ambasciatori