CAPITOLO XII. 419 onde, fu lanlo più doloroso per noi il vederla, nella rivoluzione del 1848, farsi prima a rompere il salutare principio di aspettare a guerra vinta a discutere sul futuro ordinamento politico del paese, per attendere solo agli impegni della guerra, onde così, evitando ogni benché menoma occasione che potesse servire di pretesto a dissensi intestini, attendere eselusivamente alla più sollecita liberazione dello straniero. Ma la colpa fu tutta di Gioberti, il quale, creatosi commesso viaggiatore del Re, fece una corsa per l’Italia a distogliere gli animi dal pensiero delle armi, ed occuparli della fusione ; il quale, con sottigliezza da disgradarne i sofisti dell’èra macedonica, predicando che Yunione, vai meglio deH’wm'tò, sperava di ridurre all’obbedienza tutta l’Italia; e, per rieseire in questo stolido intento, non abborriva dai mezzi più impolitici ed immorali, poiché spingeva il Piemonte ad appiccar briga colla Toscana, con l’usurpazione di certi poveri casolari, ascosi fra i castagni dell’ Appennino; tentava il popolo di Livorno e comperava gli avvocati di Firenze; brigava per far votare al secondogenito del re di Torino la corona di Sicilia, non badando che con ciò veniva ad inalzare in Palermo futuri ostacoli a quella unità, nel cui nome voleva prendere Firenze e Milano; e, infine, tesseva pratiche per furare Bologna allo stato romano ; onde quel nuovo guelfo si esponeva al pericolo di farsi scomunicare, quasi fosse un vecchio ghibellino, come disse argutamente il nostro maestro ed amico Carlo Cattaneo (1). In Brescia, a dir vero, massime (1) Vedi il libro: Della Insurrezione di Milano nel 1848, e della successiva guerra : Memorie di Carlo Cattaneo ; edizione italiana, nella