CAPITOLO IX. 257 equipaggi a terra e bruciare la flotta, composta di forse ottanta bastimenti. E questa disgrazia venne punita dal Consiglio dei Dieci colla prigione di tre anni e la perdita in perpetuo dei publici impieghi. Sotto Caravaggio poi con tanta destrezza ed audacia pugnò lo Sforza, che valse solo a sconfìggere i due eserciti di Milano e di Venezia collegati contro di lui. In quell’ occasione fece prigionieri chi dice cinque e chi quindicimila soldati, coi loro generali e provveditori, meno il Cotignola ; e di dodicimila cavalli (1) ond’ era composto l’esercito, non se ne salvarono mille; talché il Macchiavelli asserisce che mai, fino a quel dì, fu ricevuta dai Veneziani la maggiore e più spaventevole ruina (2). Come al solito, il governo di Venezia si vendicò di questa sconfitta contro l’istesso Attendolo, il quale non aveva colpa di sorta, avendo i provveditori ordinata la battaglia non solo contro sua voglia, ma persino a di lui insaputa. Non ostante egli fu rimosso dal comando dell’esercito, e confinato in Conegliano con 1,000 ducati di pensione. Tra i presi dallo Sforza fu trovato tutto mesto un provveditore veneziano, il quale avendo durante la guerra parlato molto vituperosamente del conte, chiamandolo vile e bastardo, come sogliono fare gli uomini di basso animo, procaci sempre nella prospera ed abbietti nellgi avversa fortuna, buttossi umilmente ai piedi del vincitore per implorarne mercè. Ma questi benevolmente presolo (1) 11 Ricotti dice 12,500 i cavalli, e 1,500 i salvi. (2) Istor. Fior., lib. vi. — Ed il Ricolti aggiunge che «la giornata di Caravaggio fu, ne'suoi effetti, la più importante di quante e prima e dopo venissero combattute in Italia per tutto quel secolo. »