CAPITOLO III. ' 71 • aggiunse in seguito due nobili, col titolo di camerlenghi, cui spettasse il tener conto del publico danaro, dei dazi, e cose simili. Ed i Trevigiani ne furono così soddisfatti, che, dopo quattro anni, con libero e solenne alto, rinnovavano le proteste di loro sudditanza alla repubblica. E non è circostanza cotesta da lasciarsi passare inosservata, tanto è raro s’incontri nell’istoria delle nazioni! Ma siffatti trionfi di Venezia in terraferma vennero ben presto turbati e guasti da non lievi sciagure sul mare, promosse dai Turchi che allora minacciavano di salire a soverchia potenza. — Dopo d’aver conquistato Costantinopoli, la Persia, l’Egitto, la Soria con gran parte dell’Asia Minore, i Turchi, avidi di preda, incominciarono ad addestrarsi anche nel mestier del pirata, sì che in breve tutti i mari ne furono infestali, ed interrotto il commercio. Primi a sentirne il danno furono i Veneti che tanto avevano da fare sulle aque, ed in breve ne soffersero gravissimo scapilo i privati interessi ed il publico erario. Non fu quindi malagevole il persuaderli ad entrar tosto in lega con Giovanni imperatore greco, col re di Cipro, e coi cavalieri Gerosolimitani,, onde insieme oppor valido argine al minaccioso torrente. La república, per conto proprio, allestì quindi galee, capitanate da Pietro Zeno, le quali riconquistarono Smirne e sbandarono in Asia i legni turchi. Per il che papa Clemente vi, con un suo breve del 15 giugno 1546, accordò alla república la esenzione dalle decime ecclesiastiche. Intanto Zara, città tante volte ribelle, si sottrasse al-l’obbedienza di Venezia per ridursi sotto la protezione degli Ungari; e l’esempio venne tosto imitato da Trau, Sebenico, Spalato, e Nono che passarono sotto il