CAPITOLO VII. 181 parte all’altra, senza coniare le tante ferite riportate nel resto della persona. Avute in poter suo cinque galee con parecchi legni nemici, fece trucidare tulli quanti i Genovesi, Catalani e Provenzali che Irovaronsi tra i prigionieri. 1 Candiotli, falli a brani ed appesi alla stoppa delle navi. Solo dopo un mese e mezzo si conchiuse la pace, a condizione che per lo passalo il lutto fosse come non avvenuto; ed in seguilo potessero i Veneziani mover guerra ai corsari di qualsiasi nazione, senza che per questo i Turchi avessero a chiamarsene offesi. La república per tal modo acquistò credilo in Oriente, e divenne la naturale alleata di tutti quei piccoli principi che avevano maggior ragione di temere l’ognorpiù crescente dominio dei Turchi in Europa. Anzi, il principe di Morea, Centurione Azami, per guadagnarsi le buone grazie del governo veneto, gli fece omaggio di parecchi forti, come a dire, Castel di ferro, Zunchio di Belvedere, Calaligo, Bussiello, Serravalle, Luerni, Calopitani, Guffo, Latorre, Manlievere, Zerbi, Zancana, ed infine anche della città di Corinto. La gloria delle venele armi decise Firenze ad invocare l’amicizia della república, perchè insieme facesse lega contro Filippo Maria Visconti, signore di Milano, la cui grandezza cominciava già ad inspirar gelosia agli altri principi italiani. Ma a tali suppliche Venezia stimò bene di fare la sorda (1), contro l’aperto avviso di Francesco Foscari, dello sempre allora il procurator giovane. Sono curiose le ragioni addotte a questo valentuomo dal vecchio doge Tommaso Mocenigo, il quale crasi fatto (1) Quadri, Compendio della Storiu Veneta.