CAPITOLO 11. 43 lulta l’autorità della signoria, esso fece leggi pel senato, pei diversi tribunali, per quasi tutte le magistrature, e pel Gran Consiglio medesimo. Diede istruzioni a generali e ad ambasciatori (1); cedette provincie (2); punì ad arbitrio persone a lui ostili; concesse grazia a delinquenti, ed amnistia a banditi; largì ai giovani patrizi il privilegio di entrare nel Gran Consiglio anche prima dell’età prescritta; s’ingerì nella promissione ducale, ed arrivò persino a deporre un doge ed a condannarne un altro alla morte. II titolo stesso di Eccelso, onde fu insignito, ne indicava la dignità ed il potere. I Dieci venivano eletti dal Maggior Consiglio, e scelti dal corpo dei senatori fra quelli che avevano i quarant’ anni compiuti (o). I vincoli di parentela fra due individui, per quanto lontani, l’abbiam già detto, impedivano la loro contemporanea elezione: i consanguinei del doge erano affatto esclusi. Avevano loro residenza in una sala del palazzo ducale, e stavano attigui al doge, come per tenergli ben vivo nella mente il salutare ricordo che ad ogni momento gli fendeva la. morte sul capo. Nel seno istesso del loro Consiglio, i Dieci ne sceglievan (1) Una tale prerogativa la troviamo accennata in quasi tutti gli istorici ; e le ragioni in proposito addotte dal Tiepolo contro il Daru non valgono punto a smentirla. Tutt’ al più si potrebbe credere che, dopo aver spesi i danari a loro modo, alla fine dell’anno i Dieci dovessero presentare il rendiconto. Del resto, poco importa l’asserire che in tutto c per tutto, l’uscita fosse di soli trecento mila franchi annui circa, poiché la questione non è del quanto, ma del come le spese si facessero. (2) Il Consiglio dei Dicci mandò ordine seerctissimo a Badoer di stringere la pace con Solimán e di cedergli tutte le città del Peloponneso. Stavolta il comando fu ruinoso per la república: ma, nondimeno, venne tosto obbedito. (3) V. Tiepolo, rettificazione \.