372 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI sarmali alla discrezione sua, o d'incontrar la sua nimicizia. Per me, cosini come nemico e non come amico ferrei, ed amerei meglio avere con lui una guerra pericolosa che può aver buon fine, e sempre avrà onore, che una pace pericolosa, che non può aver se non un cali ivo fine, e sempre porterà con se una vergogna infinita. Poi, la fede di quesTinclita república è nota al mondo, ed il mondo sa se noi siamo vicini inquieti, ambiziosi ed offensivi, oppili* quieti, temperanti ed amatori del giusto e dell’ onesto. In somma, per restringere in poche parole quello che sono andato sinora allargando, a me pare che lo starcene disarmali in mezzo a così rabbioso moto, non sia nè sicuro, nè onorato; che l’armarci sia senza sospetto, e necessariamente richiesto all'onore ed alla salute nostra; poiché i consigli onorati sono sempre i più sicuri, e la riputazione è gran parte della forza. Per la qual cosa io opino che si fornisca l’erario, che si allestisca ¡I navilio, che si levino le cerne e che alcun polso di Schiavoni sia chiamalo a tutelare le cose di Terraferma. A questo io penso che si debba dichiarare alle potenze belligeranti che il senato, costante sempre nel suo procedere pacifico, vuol conservarsi fedele ed amico a tutti, e thè i moderali apparecchi d’armi mirano piulloslo e solamente a conservazione di pace, che a dimostrazione di guerra (1). Saggio e gagliarde parole son queste. Ma in senato non trovarono eco, onde facile riesci la vittoria ai sempiterni fautori della neulralità, che fecero perorare la loro causa dal Valaresco. Disse costui che Tarmarsi non era possibile, perchè esausto l’erario; non più a lempo, perdi V. Botta, Storia d'Italia, dal 1789 al 18U, lib. in.