171 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI con lanl’arte coprire le turpitudini del suo perverso ingegno e dell’efferato suo cuore, die il popolo di Vienna, soleva chiamarlo con arcadica semplicità il buon Fran-ceschino. Ma, per tornare all’Ossuna, uno dei mezzi di cui quel valentuomo credette bene valersi per guadagnarsi a buon mercato la simpatia universale, fu di muovere guerra ai Gesuiti e di opporsi fieramente alla riscossione di certe imposte che quei reverendi volevan far gravare sul popolo a profitto del loro inslituto, il quale, come ben si vede, non era, sin da quei tempi, nelle buone grazie del publico, checché ne vadan predicando in contrario i suoi intrepidi, ma spallati panegiristi. Ed anche in ciò noi vogliam scorgere uno strano quantunque non men vero riscontro colla politica austriaca, la quale, sia dello con buona venia degli odierni innumerevoli propalatori della lue austro-gesuitica, non si è mai decisa di ammettere i cappelloni ne’ suoi stati che quando si cominciò a pensare di cacciarli dagli altri. Se non che, ancor più animosa e lodevole e fortunata fu l’opposizione dell’Ossuna alle insistenti ed arcane mene di chi voleva introdurre nel regno di Napoli l’inquisizione; avendo quel viceré fatto senno col terribile esempio dell’OIanda, perduta appunto in grazia del Sanl’Officio. E siccome in questo importantissimo affare s’era immischiato il papa in persona il quale, ostinato di voler riescire nel suo proposito, s’era direttamente rivolto a Filippo 111, ed era riescito a tirarlo dalla sua, l'Ossuna, indispettito contro quel re imbecille, concepì l’audace pensiero di trar partito delle condizioni politiche assai sfavorevoli in cui si trovavano allora tutte