486 STO Iti A DEL CONSIGLIO DEI DIECI tenza meno, non è poi quello che imporla », e con animo veramente romano si accinge a combattere contro tutte, piuttosto che ritrarsi menomamente dal suo alto proposito. Guardale Milano, che, senz’armi, affrontò i ventimila soldati ed i sessanta cannoni di Radetzky, e lo costrinse a fuggire senza spada e senza farsetto. Guardato la piccola Vicenza, che, con tremila volonlarii, respinse due volte i dicioltomila soldati di Nugent. Guardale Brescia, ancora fumante d’inceridii e di sangue, che, priva di fucili, assalta col coltello in pugno le batterie nemiche. E con tulli questi magnanimi fatti, si potrà credere che il popolo italiano è destinalo a perire? No, le grandi cause non si vincono in un giorno: nè si vincono con capitani, quali furono Pio ix, e il re Borbone-, e il granduca e il duellino. Ma quel giorno che l’Italia troverà un capitano, quali questa terra ne produsse a migliaia nei tempi antichi e nei moderni, l’Italia sarà una grande potenza per terra e per mare. E quelli che ora insultano alle prime, e incaute e dolorose prove, quelli che ora temono e adulano i suoi oppressori, fra non mollo la temeranno e la aduleranno, popoli servi della maleria e della paura ; liberi nel corpo e servi nell’anima! L’Italia non disperi della magnanima impresa, e lasci latrare il venale rinegato Odilon-Barrot e l’Aberdeen, leccaspuli della santa alleanza; e quel leguleio ubriaco, ora comicamente travestilo da barone noi-. inanno, di Brougham e Vaux. Epicuri de grege povcum (i). Ma per tornare a Venezia, dobbiam dire com’essa, (1) Vedi il llcpMicanu, giornale edito in Lugano, della prima metà d'aprile, 1841).