.'rtvV . _ : ■ •i8 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI permettere mai all’inquisito di vedere persona estranea al giudizio, fosse pure il più intrinseco degli amici od il parente più vicino;-nè tampoco di ricevere alcuna lettera. Tali precauzioni si osservano ancora oggidì presso tutti i tribunali, appena si tratti di cose di qualche im-portanza; che altrimenti, se il prigioniero potesse venire edotto dei falli esterni che il riguardano, troppo facile gli sarebbe il trovar modo di eludere i giudici, e così non si potrebbe mai venirne a capo di nulla. Per simile ragione, non possiamo far carico ai Dieci dell’aver adoperalo la tortura come mezzo il più efficace per estorcere dal misero imputalo la voluta confessione, che presso tutti i tribunali di quei tempi era tenuta in luogo della verilà. Quello che troviamo disdicevole allora, e che diventa vituperoso oggidì nei pochi Stali, e cè ne sono pur troppo di non molto lontani, in cui l’abuso sussiste tuttora, si è che non era concesso al prevenuto di far ricorso all’opera di avvocali, o d’altri che potessero far valere la sua causa. Restava solo l’invidiabil caso in cui qualcuno fra i giudici, o perchè mosso dal pietoso sentimento di compassione, o perchè in qualche modo avesse potulo convincersi della di lui innocenza, surgesse a difenderlo e procurasse di opporre la propria autorità all'insistenza degli accusatori (1). Ma pur troppo questi casi erano rari, e più ancora quelli che riescissero a bene. Poiché il Consiglio, per le cose di Stalo diventava inesorabile, e troppo corrivo alla severità; per cui ogni più (1) Nell’articolo di Bianclii-Giovini sull'antico Governo Veneto troviamo detto, che all’imputato veniva assegnato un difensore che per iscritto presentavate difese. Noi non siamo riusciti a trovare argomenti bastevoli per potere ammettere questo fatto. Forse l’egregio autore espose d’ una maniera assoluta un caso che si verificava soltanto in via d’eccezione.