CAPITOLO IX 267 spetto alla persona incognita. L’istesso nobile nostro ci ha ricercato se vogliamo dargli licenza in caso di nuova tentatone di ammazzar di propria mano il tentatore, che in tal modo restarebbe punito della sua arroganza, professando quel nobile nostro che tanto valerebbe di operare da sè stesso quando se li permetta portare una arma da fuoco ; parendoli impossibile di non restare nuovamente tanto in qualche occasione improvisa. Noi considerate più cose in questa istanza, prima, che la prima relazione del nobile si può creder vera, ma anco potrebbe esser falsa per alcun fine occulto de lui; la seconda che caso che fosse vera, chi consede la ricercata licenza fa di primo tratto doi mali per castigare uno; cioè permette uno homicidio deliberato et permette la delazione tanto odiosa di arma da foco; poi se la relatione del nobile fosse fittilia, se li darebbe modo de levare la vita ad uno, et forse innocente da ogni colpa, per sua intentione pessima: per ultimo se fosse anco vera et che seguisse l'inlerfeltione di quel corle-ziano, si darebbe occasione a molle querele dell’ am-bassiadore, quale negando a fallo la tentatone porta-rebbe che per una ingiuria privala fosse seguila la morte del suo domestico, et anco potrebbe seguire che in vece del cortegiano restasse morto il nobile stesso ,* perchè non si può supponere che colui capitasse sproveduto a questo cimento; onde per tutte queste considerazioni l’istanza non è conosciuta ammissibile : resta bensì nella mente nostra pensiero di cavar alcun profitto da questo accidente, senza dar causa di scandalo, et perciò sij terminalo che col mezzo del prelato nostro confidente sia fatto passare all’orecchie di monsignor Nunlio que-