10S STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI più potenti cause perchè le milizie venete vincessero.— 11 Carmagnola allora attaccò Maclodio, pose agguato fra le macchie che qua e là si alzavano su quel terreno paludoso, e si diede a provocare il nemico. Benché col dissenso degli altri due, lo Sforza e il Piccinino, sotto il comando di Carlo Malatesta (1), vollero dar la battaglia la mattina del 11 ottobre. La pugna fu nè lunga, nè sanguinosa. 11 Carmagnola respinse gagliardamente il primo squadrone dei ducali sopra il secondo, il quale, sbalordito, stette alcun tempo come sorpreso. — Quindi si diedero tutti alla fuga, e la ressa universale, per cercarsi uno scampo, riesci a loro stessi di non lieve impedimento. Fu una vittoria completa con ricchissimo bottino, e chi dice cinque, chi otto, ed il Ricotti fin diecimila prigionieri (2). Il Piccinino, fuggendo come fulmine, a stento si ridusse in salvo. V’ha chi dice che, quando l'avesse voluto, al Carmagnola non sarebbe stato difficile in quel giorno irrompere fino a Milano, ed impadronirsi così di tutto il principato di Filippo (5). Ma coloro che hanno potuto prestar fede a siffatta asserzione, mostrano di conoscer ben poco la natura di quei luoghi e di quegli uomini risoluti, a costo (1) Qui il Sismondi osserva con molta acutezza come ciascuno dei biografi dello Sforza, o del Piccinino , o del Malatesta assicuri come il proprio eroe siasi opposto alla pugna, lasciando agli altri la responsabilità d’averla sollecitata. Voi. vm, cap. 65. (2) Maclodium, ignobilis antea Cremoncnsis agri vicus, tum nobilitalur magnitudine cladis, quae tanta fuerit, hostium captivitas declarat, quorum millia octo, cum ipso Malatesta, cerna sunt, praeter bellica omnia impe-dimenta, quae in praedam venere. (3) Tanta consternatione affectos faisse ut, si quemadmodum Venetus imperator vicerat, victorià uti scivisset ejtcere prinripatu Philippum co die facile potuisset.—Cos'b fra gli altri, s’esprime il Verri.