CAPITOLO III. 69 di essi. Egli tentò, quindi, ogni mezzo per far loro dispetto. Fabbricò un castello tra Padova e Cliioggia, con pretesto di fare saline; attraversò ad Ostia il Po con una calma onde interrompere il pacifico commercio praticato dalla república con Lombardia; tentò di occupare varii paesi del Trevigiano, raccomandati alla Veneta protezione. Vani tornarono i mitissimi consigli della república, onde evitare la guerra ; vane le blande parole del doge Dandolo ; che Mastino s’infuriò sempre a far peggio. Era quello il momento in cui Venezia doveva pensare in sul sodo se convenivale prendere così forte impegno in terraferma, a scapito sicuro dei più naturali e legittimi suoi interessi sul mare. E vi ha anche pensato. Ma troppo premeva alla república di metter freno alla turpe tirannia degli Scaligeri, fattasi ogni dì più formidabile. Sicché la vinse il partito della guerra, che fu dichiarata nel giugno dell’anno 1555. Perciò i Veneziani strinsero alleanza con Fiorentini, Estensi e Gonzaghi, a patto che, in caso di vittoria, per loro restassero Verona e Trevigi; Parma e Lucca pei Fiorentini. Fu generale dell’armata Pietro Rossi, esule di Parma, nipote di Marsilio Carrarese, e nemico giurato degli Scaligeri. 11 castello delle saline, prima cagione della guerra, venne in breve atterrato dalle fondamenta. Campo-San-Pietro, Castelfranco, ed altri forti del Trevigiano, si danno spontanei in potere dei Veneti, smaniosi di godere anch’ essi del tranquillo dominio della república. Anche Conegliano, scacciati i ministri degli Scaligeri, manda legali a Venezia per implorarne protezione e soccorso. L’esempio di Conegliano viene tosto imitalo da Ser-