CAPITOLO V. 9‘J Nè credasi che ingiusti fossero siiTalti rigori. È impossibile narrar lulte le turpitudini che i più autentici scrittori mettono a carico della rugiadosa compagnia, onde si sa che, alla partenza di quei reverendi, bisognò porli sotto buona scorta onde impedire che fossero massacrati dal popolo che li aveva in concetto di ipocriti e di spie. E non bastando una simile precauzione, vogliono alcuni che ciascun d’essi portasse sospesa al collo un’ostia consacrata, sperando in tal modo d’incutere rispetto alla moltitudine sdegnata, e ben a ragione. E universale la persuasione che quei gesuiti scoprissero i secreti del governo e delle famiglie, empiamente abusando delle confessioni; che mettessero ogni studio per distruggere nel cuore della gioventù il sentimento dei più sacri doveri verso la patria. E spingevano l’audacia fino al punto di pubblicare una quantità di libelli infamanti contro la república; di far mille intrighi nelle varie corti d’Europa a di lei danno, e persino di vomitare contr’essa dal pulpito ogni sorta di vitupero. Essi offrivano le indulgenze del giubileo, a bella posta promulgalo dal papa, a chiunque sparlasse del veneto governo; onde avvenne che molli padri e mariti ebbero a mover fiscale querela conilo le mogli ed i figli perchè, instigati da fanatici confessori, si sottraessero all’adempimento dei loro rispettivi doveri. Antica era poi l’accusa ch’essi tenesser registro delle confessioni, e che di quando in quando ne facessero rapporto al generale dell’ordine, il quale veniva per tal mezzo a conoscere i secreti, i loro progetti, le forze e le risorse delle famiglie e degli stati. Nè punto dissimile dall’antico è il gesuita moderno;