CAPITOLO X. 257 importuna ed odiosa loro presenza, riescirono a contenere l’espansione dei paterni e coniugali alieni! C’era da farne scoppiare il cuore. Geltossi allora Jacopo ai piedi del padre, e indarno cercando di porgere a lui le slogate braccia, per amor ili Dio il supplicava a metter di mezzo la sua autorità di Doge, per lenire d’alquanto l’atrocità della sentenza pronunciata contro di lui. Ma il padre, rivolto lo sguardo a quelle tigri che l’attorniavano, trovò la forza di parlargli in modo che non pareva fosse suo figliuolo, finalmente soggiunse: « Jacopo, va e obbedisci a quello che vuole la terra, e non cercare più oltre » (1). Com’ebbe proferite queste parole, volse altrove il venerando capo ed il figlio partiva. Qui vien naturale la dimanda: poteva il padre, nella sua autorità di principe e di capo della república, render più mite il destino dell’unico suo figlio, tre volte così barbaramente martorialo, o per lievi trascorsi, o per accuse più gravi, ma affatto destituite di prove ? La costanza colla quale, per ben tre volte, il vide appeso alla corda della tortura, senza sparger lacrima, senza mover sospiro, e quel suo inesorabile saluto, si può chiamare eroismo di sovrumana virtù, o mostruoso effetto di un cuore educalo alla scuola della diplomatica tirannia? Non ¡speriamo di trovare negli storici veneti l’ equa sentenza. Noi posteri, noi affatto alieni da ogni preoccupazione d’ira e di studio, siamo in grado di recarla più liberamente, e fors’anche più giusta. Bisognerebbe che non avessimo assistito alla miseranda catastrofe di Marin Faliero, per ignorare fino a qual punto fossero limitate (1) Sanuto. St. dei. Cons. dei Dieci — Voi. I.