CAPITOLO XII. 377 grado cd alla gravila del presente'infortunio, ben inteso, però, soltanto nei rapporti privali ; mentre, in publico, invece, bisognava guardarsi bene dall’osservare le consuete cerimonie principesche. Ma non restò pago, per questo, il governo di Robespierre. 1 pensieri dei nuovi reggitori francesi erano tutti rivolli, oramai, a preparare una grande invasione in Italia, nel doppio intento e di pascere l’esercito in un paese lanlo ubertoso, e di imporre alle altre potenze d’Europa col prestigio di un sì gran fallo, sperando, in tal modo, di rendersele propizie. Ma chi, con quel progetto, n’andava di mezzo più d’ogni altro, era la povera Venezia, la quale, trovandosi contigua agli stali dell’ imperator d’Austria, c’era pericolo che la Francia gliela sacrificasse per indurto alla pace. E che tale sventura sovrastasse alla misera república, pur troppo se n’ebbero gravissimi indizii i di lei ministri in Basilea, in Vienna e nell’islessa Parigi, onde solleciti ne diedero avviso al governo. Sotto le ambigue frasi e le melate parole della diplomazia parigina, pur troppo, un uomo un po’ accorto poteva scorgere manifestamente gli oslili disegni. Quando si vuol perdere qualcheduno, dice il Botta, s’incomincia col fargli proposte disonorevoli. Eia Francia, in falli, non lardò a richiedere da Venezia che scacciasse subito da’suoi stati il conte di Lilla, il quale traeva oscuramente la vita in Verona, sotto la tutela del diritto delle genti, e sotto quella ancora più sacra dell’infortunio. Al governo francese non poteva importare più che tanto che Io sventurato principe si trovasse negli stali della república veneta piuttosto che altrove: onde chiaramente si scorge che quella esplicita ingiunzione «era appicco St. DEL CONS. DEI DIECI—Voi. il. 48