CAPITOLO PRIMO 17 pur quella dello sposalizio del mare (1). — Allora le imprese ai Veneti riescivan sempre così prospere che, quando il doge Silvio, combattendo per Niceforo 111 sottole mura di Durazzo, dopo aver riportato due vittorie, in un terzo scontro coi Normanni ebbe la peggio, essi non esitarono a deporlo dal suo incarico (2). Rispondeva la spedizione di Terra Santa alle viste politiche e commerciali della república, intenta a conservare in Oriente l’antico impero greco, e smaniosa di ampliare colà i suoi marittimi possedimenti. Ebbene, l’anno 1096, essa manda ai Crociati una flotta di circa 200 navi, capitanate da Giovanni, figliuolo al doge Vital Michieli, il quale prende Smirne, Jafla ed altre città. — E nel 1201 l’ottuagenario Enrico Dandolo, scaltro a trar partito dall’entusiasmo religioso di quei tempi a pro della sua república, fa patto con alcuni Crociali della Fiandra, di Francia e d’Italia raccolti in Venezia, di mandare in servigio della loro spedizione 4,500 cavalli, 9,000 scudieri, 4,500 cavalieri e 20,000 fanti, contro il pagamento di ottantacinquemila marche d’argento puro di Colonia. Il sagace vegliardo sa lucrare eziandio sugli imbarazzi pecuniarii di quei fervidi militi, ed accortamente propone un ritardo allo sborso del loro residuo debito a patto che, strada facendo, desser mano per riconquistare alla república alcune ribelli città dell’Istria e della Dalmazia. Ma poi bisognava vederlo, l’ottuagenario Doge, scorrere il mare alla testa della veneta flotta, e far prodigi (1) Il Sabcllico, il Sansovino, il Giustiniani, in ciò d’accordo con altri scrittori, riferiscono l’origine di tal festa ai tempi di Sebastiano Ziani; ma Cesare Cantù, nella sua Enciclopedia, la fa cadere sotto il dogado di Giovanni Dandolo. (2) Alcuni vogliono però ch’ei morisse in battaglia. ST. dei, Coss. dei Dieci—Voi. I. s