46 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI sempre goduto la sinistra fama di saper mostrarsi affatto insensibile ad ogni sentimento di simpatia e di umanità verso gli individui, per tutelare, alla loro maniera, il così detto ben publico, che tante volte si potrebbe, senza scrupoli, battezzare per il publico danno. Possibile che si debba chiamare bene publico un ordine di cose affatto in opposizione alle idee ed ai desiderii di lutti i più buoni ed i più illuminati, e che non può mantenersi se non a costo del male di lutti? , Ma lasciamo pure che questa sia una nostra speciale maniera di considerare le cose, e guardiamo come siansi portali i Dieci nel disimpegno del loro terribile incarico, anche dopo aver concesso quanto fia necessario per metterci sotto il punto di vista, da cui deve prendere le mosse chi è costretto ad agire con affatto opposti principii. E qui è appunto dove si trovano tanto discordi gli storici. Gli uni proclamano giustizia e legalità dappertutto, gli altri, invece, si sfogano colle parole di arbitrio, di crudeltà, di tirannia. 1 primi sono i Saudi, i Tentori, con tutti quelli che scrissero sotto i formidabili auspizii della Serenissima ; e che quindi non possono essere sempre molto attendibili per troppo evidenti. ragioni. Degli altri si compone la numerosa coorte degli scrittori stranieri, cui stanno alla lesta gli Amelot e i Daru, e che, certo, non devono essere i più competenti in proposito delle cose nostre. Eppure, per secoli, alla opinione di costoro andò conforme anche la publica. Ma, ai beali tempi che corrono, in cui, dopo che il Vico ebbe negato l’esistenza di Pitagora e di Omero, si trovarono istorici cui bastò l’animo di strappare la corona che, con senso di profonda riverenza ed ammirazione, ia posterità aveva poslo sul capo