CAPITOLO XVII. 499 sani, fu da essi presa d'assalto. I barbari vincitori fecero pagare agli abitanti quella poca resistenza che loro avevano opposto, con un orribile massacro, per il quale ne perirono oltre la meta. Corone e Zonchio, a tal vista, pensaron bene di prevenire simili sciagure, e si arresero. Il Trevisani ne mori di cordoglio. Benedetto Pesaro, se non più prode, più fortunato di lui, come gli fu successo nel comando , inseguì la flotta turca nello stretto dei Dardanelli, s’impadronì di una ventina delle loro galee; saccheggiò Metelino e Te-nedo; conquistò Samo e Cefalonia, e non poco guasto diede al nemico anche nel golfo di Patrasso. Al suo ritorno, però, Zonchio era già un’altra volta perduto, e, nel supposto che il fosse per colpa del comandantQ, a buon»conto lo fece decapitare. Per tal successo, non poco si rialzò l’animo delle potenze che erano più costernate per quel trionfo dei barbari. Tosto i cavalieri di Rodi, il re di Spagna, la república, Francia , Polonia ed Ungaria , levaronsi concordi contro il minaccioso aggressore, cui dava già un gran da fare il re di Persia, sulle spiaggie orientali. Eppure Bajazet seppe bastar contro tulli: che se, dal-l’una parte, per un’interna rivolta e per il valore di Pesaro, la città di Alessio e l’isola di Santa Maura die-dersi in potere della república, dall’altra conquistarono i Turchi l’importante città di Durazzo nell’Albania. Ad ogni modo, il momento parve opportuno ai Veneziani per far parola di pace; e ne affidarono l’incarico ad Andrea Gridi, nome assai segnalalo nell’istoria, come-vedremo in appresso, dimorante allora in Costantinopoli, per affari di commercio. E la pace fu conchiusa nel 1501.