CAPITOLO V. 117 Ci stringe il cuore di dover qui sospendere la narrazione di queste misere gare, per intrattenerci di un’altra lotta ben più lacrimevole e sanguinosa fra due città accanitamente rivali e mortalmente nemiche, benché entrambi sorelle. Oh Italia, fa di render men giusta l’aspra rampogna del poeta, il quale disse che tu augusta a’tuoi figli 'parevi, e che in pace nutrirli non sa.il È pur triste il pensare come a così nefande ire fraterne vadano associati tai nomi, che l’istoria deve chiamar grandi e gloriosi ! Cagione di tanta guerra fu l’occupazione dell’isola di Tenedo, data ai Veneziani da Caloianni, imperatore dei Greci, in compenso dei buoni oilicii coi quali la república lo assistette contro le inique pretensioni di Andronico di lui figlio ribelle; e i Genovesi, che ne facevan gran conto, la volevan per sè, protestando d’averla ottenuta per patto dal rivoltoso. Altri ne danno colpa ad una futilissima questione di etichetta, avvenuta a Famagosta fra li ambasciatori di Genova e di Venezia, all’incoronazione del re di Cipro. L’Amelot cita in proposito un manoscritto, il quale dice: « Ritrovandosi li baili dell’una e dell’altra nazione a quella solennità, voleva quello di Genova andare alla parte destra del re, alla quale era posto quello di Venezia, e sopra ciò nascendo contesa grande, si mostrò tanto ardente quello di Genova, che fu causa di gran sollevazione e tumulto. Ma fu cacciato con tulli li suoi partigiani. Da che poi ne nacque tanto odio contro i Veneziani, che fu principio dell’asprissime guerre tra l’una e l’altra nazione, con sovversione quasi dell’ una e dell’ altra república. » — Anzi, asserisce il Sandi, che la preminenza data a Marco Morosini, bailo veneziano, trasse alle mani