CAPITOLO XIV. 399 Quand’ecco Antonio Loredano, benché affranto anch’ egli per tante fatiche, si presenta ai soldati ed al popolo, dispiega il vessillo di San Marco, snuda il petto, e dice loro: «Eccovi le mie carni; saziatevene, ma durate nella difesa (1) ». — Contro tanto valore a nulla valsero le sterminate falangi dei Turchi, i quali ebber di grazia ad abbandonare l’impresa. Si ritirarono però sulle rive del Danubio, trascinando così la guerra deplorabilmente per le lunghe. Ad evitare i gravi disastri che essa poteva costarle, la república invocò di nuovo sussidio da ogni parte. Varii Stati d’Italia degnamente le risposero col mandar uomini 0 danari. Ma indarno si aspettami sussidi dal re di Napoli, allora in poco amichevoli rapporti col governo veneto; e dohbiam dirlo, non si mosse punto nemmanco papa Sisto IV, per quanto una guerra contro i Turchi dovesse interessar qualche poco il capo della cristianità. Per il che, indispettiti i Veneziani, richiamarono da Roma 1 loro ambasciatori, e minacciarono di accordarsi con Francia e coll’impero per convocare un concilio, al quale appellarsi contro la suprema di lui autorità. Ma contro il Pontefice, nè a ragione nè a torto, niuna umana potenza ha mai potuto prevalere; e ciò serva di norma a’suoi presenti nemici. Fu quindi mestieri intavolarnuove trattativeeoi Soldano; le quali poleron dare bensì qualche momentanea tregua, ma non la lusinga di una durevole paco. Per cui Venezia dovette raccogliere tutte le sue forze, e mandare a Napoli di Romania una flotta di cento galee, sotto gli ordini di Antonio Loredano, il prode difensore di Scutari. Questo (1) V. Sanui. ■—Storia civile e politica, ecc.