CAPITOLO XVII. 521 Machiavelli, vi aveva temilo quel valentuomo di Cesare Borgia (1). Così avvenne che i Veneziani prestassero soccorsi a Pandolfo Malalesta nel riprendere la Signoria di Bimini, a dispetto degli abitanti, onde, poi, farsela cedere con diplomatiche trattative. E, per meglio rinfrancarsi in quei paesi di conquista, mandarono i Veneziani un ambasciatore a Roma , ad ossequiare il cardinale della Revere, ed a promettergli i loro buoni officii, onde più facilmente riescisse ad ottenere l’ambita tiara, sicché costui si lasciò sfuggire che avrebbe riconosciute per legittime quelle loro conquiste quando fosse stato papa. Per il die, ringagliarditi i Veneziani, seguilaron più oltre nelle loro usurpazioni, e s’impadronirono, 1’una dopo l’altra, delle città di Forlimpopoli, Monlefiore, Sant’Arcangelo, Verrucchio, Gallera, Savignano, Porto-cesenatico nella Romagna , e Fossignano, Solarnolo e Monte Battaglia nella provincia di Imola. E s’erano spinti, pieni di fiducia e di baldanza, fino a metter l’assedio a Faenza; quand’ecco capitar loro un nunzio del nuovo papa con severe ingiunzioni, che dovessero levar tosto l’assedio da Faenza, evacuarne il castello già da loro occupato,' e restituire Rimini, appartenendo tutti questi paesi al patrimonio di San Pietro, in forza di una legale cessione falla dal duca Valentino. Imola , riconobbe tosto l’autorità del pontefice; ma Lodovico Ordelafo , che era appena entralo ne’ suoi domimi in Forlì, non senlivasi troppo disposto a farne un dono al pontefice; per cui, vedendo benissimo che le (1) Vedi il discorso su Tito Livio, lib. 3, cap. xxix; cd il Principe cap. vii. St. dei. Cons. dei Dieci — Vol. I. 6«