68 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI turbavano continuamente la pace eziandio dei paesi vicini. Trevigi, più d’ogni altra smaniosa di libertà, dopo d’avere l’un dopo l'altro uccisi od espulsi parecchi de’suoi tiranni, s’era ridotta ad un vivere indipendente, quando Cane Scaligero, anelante di conquistarla, vi si adoperò con ogni più astuto e perfido maneggio. Ma indarno.— Quand ’ecco nel 1317, ristesse Cane, fàtto amico ed alleato del signore di Padova, rivolgere di bel nuovo le acute sue brame su Trevigi, e metterla in breve ad un brullo cimento. 1 Trevigiani si rivolgono a Bologna, a Firenze, a Siena, al Papa; e l’abborrito Cane, intanto, continuava a guadagnare terreno. In tanto estremo, i Trevigiani, improvidi, implorano soccorso da Federico d’Austria, imperator di Germania, il quale, com’ era ben da aspettarsi, manda a Trevigi certo conte Enrico di Gorizia, col titolo di Vicario Cesareo, perchè la reggesse in di lui nome. I Trevigiani inorridirono; e piuttosto che piegarsi sotto la dominazione austriaca, disperati si diedero in mano a Cane Scaligero. Fra i due mali, questo fu certo il minore. Allora Venezia, paga oltremodo che l’ipocrita e detestabile ingordigia dell’austriaco, Federico, fosse rimasta delusa, s’interpose mediatrice fra il vincitore ed il vinto, e tanlo s’adoperò, che lo Scaligero, accontentatosi di Asolo e di Monlebelluna, lasciò Trevigi in libertà. Se non che, poco dopo Mastino della Scala tentò di nuovo, con scaltri artifizi, di recar pregiudizio alla libertà dei Trevigiani, i quali, in sì delicato frangente, fecero ricorso alla magnanima assistenza di Venezia. Questo, al dire del Saudi, fu il primo passo fatto dai Veneziani nella terraferma; e per questo, ruppero più che mai aperte ed accanite le ostilità di Mastino contro