CAPITOLO XVII. 525 stale tenute in conto di vicariali della Chiesa stessa , ed aggiungeva come la república fosse succeduta nei diritti degli antichi signori, come vi fosse stala chiamata dal volo universale del popolo; e poi faceva osservare, che il padre comune dei fedeli avrebbe falla ottima cosa a lasciare un paese da lui prediletto sotto la potestà di un governo nel quale i sudditi slessi ri-„ conoscevano una saggia amministrazione, e trovavano una protezione efficace. Ricordava, inoltre, le promesse da lui fatte alla república prima di salire al pontificato , quando s’era degnato, persino, di incoraggiarla nelle sue conquiste in Romagna. Parole al venlo! —Giulio non lasciò, per esse, di aizzare il re di Francia e l’imperatore, già inviperiti, per conto proprio, contro i Veneziani. Eppure, costoro, tanto avidi di allargare i proprii possedimenti colle usurpazioni, con inesplicabile freddezza accolsero gli ambasciatori mandati da quei di Taranto, al proveditore Luigi Loredano, scongiurandolo perchè li volesse togliere sotto il suo governo, dicendo che a nessun patto (1) avrebber voluto star sottoposti al re di Napoli, e che nel caso disperalo che alla república non fosse piaciuto di averseli sotto il suo dominio, si sarebbero piuttosto dati al Turco!—Beh ne scrisse immediatamente il Loredano al Consiglio dei X, * ma questo non pensò bene, per allora, di occuparsene. Per il che,,dopo più di un mese, capitarono in Venezia stessa li ambasciatori di Taranto; ed il giorno 19 novembre 1496, a cinque ore di notte, si deliberò di spedire un proveditore in quella terra, per ridurla, destra- (1) « Per condicion del mondo ».