CAPITOLO XIII. 477 su tulli i volti....... Quanti’ecco apparire dall’alto della Scala dei giganti, e scendere da quei gradini su cui era già rotolata la bianca testa di Marin Faliero, due uomini ' circondati da sbirri e carichi di catene. Giunti sotlo il portico, quei due infelici svoltarono sulla Piazzetta, passarono tra le fde dei soldati, dirigendosi verso il palco, che lentamente montarono. E, non appena furono così al cospetto del publico, un grido universale s’ alzò dalla mullitudine, a cui successe ben tosto un silenzio straziante. I due protagonisti di queirorribile scena, con nobile portamento, rivolsero uno sguardo pacato e sicuro sui circostanti. Portavano entrambi con egual dignità il peso di quella gloriosa ignominia; e scambiandosi un dolce e malinconico sorriso, pareva che volessero come confortarsi a vicenda con tutta la forza della mutua loro affezioneL L’uno, più giovane e più robusto, aveva una fisonomia piena di fuoco e d’intelligenza; l’altro, colla fronte pallida, gli occhi pieni d’inspirazione, e il volto tutto composto ad una calma così commovente, che solo ci volle il terrore delle baionette e dei cannoni austriaci per trattenere il popolo dall’erompere in manifesti segni di simpatia verso quegli illustri figli d’Italia. Alcuni minuti passarono in così dolorosa contemplazione. Poi, l’attenzione generale venne d’un tratto rivolta verso il terrazzo del palazzo dogale, su cui comparve un usciere, con in mano una carta rotolala che dispiegò lentamente. Era la sentenza dei due martiri dell’indipendenza italiana. Si fece tosto un profondissimo silenzio; e l’usciere, con voce sonora, lesse queste parole: — « Per sentenza della commissione imperiale, eonfìrmala dal supremo tribunale di Verona, e sanzionala