CAPITOLÒ II. 51 maniera ogni qualvolta, trattandosi di casi dubbi, trovasse necessario l'evitare il susurro della plebe, od il non inviperire di soverchio i parenti o gli amici del misero, cui mostravano di accordare una grazia speciale risparmiando alla famiglia l’ignominia di un publico supplizio. I quali riguardi non si usavano punto quando 1’ accusato era pienamente convinto; poiché, in tal caso, era proprio impossibile l’evitare l’infamia del patibolo. Inappellabile era il giudizio dei Dieci: e le loro sentenze non potevano più essere modificate o revocate che da loro stessi o dai successori. Solò gli Avogadori del comune, gravissimi magistrali ai quali era confidata la tutela delle leggi, della liberlà e degli interessi della república (1), avevan diritto di sospenderne l’esecuzione, quando però non si trattasse di cose di Stato, perchè allora non si ammetteva replica di sorte (2). Era anzi un affare assai scabroso e dilicalo il volere intromettere qualche buon officio presso il Consiglio a vantaggio dei prevenuti di simili delitti, poiché era come un desiare sospetti sopra se medesimi, ed un correr rischio di esser posti a dividere la sorle degli infelici. 11 partilo migliore, e pur troppo anche il più spesso seguito, era quello adunque di abbandonare, in lai casi, i disgraziati alla triste loro sorte; si trattasse pure dei più stretti parenti. E talvolta, anche, si è dato il deplorabile caso (1) L’escrcizio di questo diritto diccvasi intromissione. V. la prefazione succitata del C.c Sagredo, al tomo vii dc\V Archivio Storico. (2) Il Dall’Ongaro, però, nel suo popolarissimo Fornuretto, fa dire ad uno dei personaggi che gli Avogadori non potevano sospendere un decreto del Consiglio dei Dieci una volta che fosse già segnato (V. a pag. 24 della prima edizione di Trieste). Ed altrove asserisce che i Dieci non dovevano ragione dei loro decreti ad alcuno, pag. 209.